“L’impatto dell’AI nell’ambito delle elezioni? Siamo molto preoccupati”. Detto da Walter Quattrociocchi, docente ordinario di Data science e sistemi complessi alla Sapienza di Roma, fa riflettere. Perché il mondo è già dentro il “global election year” in cui va al voto il 40% del pianeta, segnato dal fondato timore che l’intelligenza artificiale, con la sua crescente pervasività, possa incidere, se capziosamente usata, sugli esiti delle consultazioni.
Quando si dibatte di un tema bollente come “Intelligenza artificiale, informazione e campagne elettorali“, come avvenuto alla Sapienza il 9 febbraio scorso con relatori di primo piano, l’unica via per fare un resoconto, senza inseguire le notizie che quotidianamente si accavallano costringendo a continui aggiornamenti, è indicarne gli spunti significativi e invitarvi a guardare il video del convegno, promosso dal Center of Data Science and Complexity for Society insieme con la Fondazione Pensiero Solido di Antonio Palmieri:
L’intervento, fuori programma, del presidente della AGCom Giacomo Lasorella, testimonia l’importanza dell’evento e del momento, alla vigilia della piena operatività del Digital Services Act (prevista per il 17 febbraio), primo approccio a livello europeo di governo del mondo digitale, e con l’AI Act in dirittura d’arrivo. Alle europee, però, è probabile che si giunga senza regolamento per la pubblicità elettorale, ha anticipato il presidente: “Avrebbe dovuto vedere la luce per le prossime elezioni, ma probabilmente non riuscirà a essere operativo per quella data”. In tema elettorale l’Authority ha responsabilità sulla par condicio, ma questa si ferma all’audiovisivo e non tocca il digitale. “È evidente – ha concluso Lasorella – la necessità di un bilanciamento fra questi due mondi”.
Venendo al tema: inciderà l’AI su campagne ed elezioni? E quanto? Un antipasto indigesto – in data successiva al convegno – lo ha dato il Pakistan, come si può vedere qui. Ma la risposta corretta potrà esserci solo ex post, dai dati. Chi li raccoglie e li studia, il padrone di casa Walter Quattrociocchi, nel suo keynote non ha usato perifrasi: “Il global elections year è la tempesta perfetta per misurare l’impatto dell’informazione sull’opinione pubblica. Ad oggi abbiamo evidenze non a supporto, ma addirittura contrarie: l’informazione che circola sui social non ha un impatto nello spostare i voti, l’informazione cristallizza le opinioni già esistenti, perché io compro informazione con la mia attenzione”. Dati protagonisti, quindi, e sarà il primo lavoro di raccolta e analisi di queste dimensioni e complessità sul tema mai realizzato, organizzato dal CDCS, il Center of Data and Complexity for Society guidato da Quattrociocchi. In un ambiente che ormai è combinazione di due fasi rivoluzionarie, piattaforme e Intelligenza Artificiale, entrambe aspetti del cambiamento innescato dai dati. Le prime hanno reso determinante l’intrattenimento nel business model dell’informazione, cambiandolo radicalmente, precisa il docente. L’AI generativa ha reso più facile realizzare non solo contenuti, ma anche codice, mail, presentazioni (e con SORA e ciò che ne deriverà, anche video, come emerso nei giorni successivi, ndr.). Sono a rischio le attività ripetitive, ma è anche l’occasione per facilitare i compiti di molti e di creare nuove figure professionali.
Il Santo Watermark
Punto cruciale dell’impatto dell’intelligenza artificiale è la moltiplicazione esponenziale dell’informazione: e tanta informazione, secondo gli studi del CDCS, equivale a sempre maggiore polarizzazione. Se si aggiunge il rischio di artefatti figli dell’AI a scompigliare il corretto gioco delle parti, ecco che siamo alla tempesta perfetta anticipata da Quattrociocchi. Il rischio è concreto, lo dimostra il fatto che soggetti tradizionalmente in aspra competizione fra loro si coalizzano. Nel convegno l’annuncio: Microsoft, Meta, Google (presenti), insieme a tutti gli altri big, grandi network dell’informazione inclusi, sono in un consorzio che si propone di marcare e monitorare i prodotti dell’Intelligenza Artificiale, con un principio simile a quello della filigrana sulle banconote. Una Santa Alleanza che tiene a far sapere: noi ci siamo, compatti e non uno contro l’altro armati. La buona volontà sembra più convincente delle scelte tecniche, la staccionata del watermark non pare alta tanto da non poter essere scavalcata, anche se dovranno essere i dati a parlare, e potranno farlo solo a danno, eventualmente, compiuto. Più che vera soluzione, sembra un passaggio necessario a rassicurare l’opinione pubblica, ma soprattutto le autorità e i governi dei diversi Paesi. A pensar male spesso ci si indovina.
Il convegno (e. per chi avrà tempo e curiosità di seguirlo, il video), offre un contributo importante per “passare dalla confusione alla consapevolezza”, per usare le parole del presidente di Pensiero Solido Antonio Palmieri, che ha moderato l’incontro. Nella sequenza degli interventi, da Quattrociocchi ai suoi ricercatori che hanno illustrato algoritmi e procedure d’indagine, quindi esponenti delle piattaforme, accademici e giornalisti, si discute di politica, non di regole o di norme. E quel passaggio verso la consapevolezza è la più alta forma di politica oggi possibile.