Un anno di non comunicazione

A cura di Antonella Vicini

Dicembre 27, 2023

Report censis comunicazione - Logon odv

Si chiude un nuovo anno e ci si ritrova come al solito a fare bilanci, a guardare indietro e allo stesso tempo a pensare al futuro. Quale sarà il trend topic del 2024? Quale la nuova challenge? Quali i meme dell’anno?
Ma prima di guardare avanti è utile fare un punto sul presente.

Dove siamo e dove stiamo andando è la domanda a cui cerca di rispondere ogni anno nel mese di dicembre anche il Censis con un rapporto che delinea tutte le tendenze degli italiani anno dopo anno. Quello uscito lo scorso 1° dicembre è il 57simo della serie e nel capitolo su “Comunicazione e nuovi media” sintetizza le abitudini degli italiani di ogni età, osservando tutta una serie di elementi. A partire dalle spese per i cosiddetti “consumi mediatici”. Consumi presi in esame dal 2007 al 2022 per scoprire che se nel corso di questo periodo è stata misurata una drastica flessione a livello complessivo, invece, sono schizzate le spese per acquistare smartphone. Cresciute anno dopo anno (del 724,6% in quindici anni), hanno toccato nel 2022 gli 8,6 miliardi di euro.

Destino simile, ma non certo tanto fortunato, per i computer (la spesa per gli acquisti si è moltiplicata del 200%).

E se i media digitali salgono, crollano invece quelli tradizionali. I libri e giornali, ad esempio.
La carta stampata è ormai caduta in disgrazia. Questo si comprende meglio per quel che riguarda l’informazione, che non può certo competere con il flusso di notizie h24 veicolate da web; colpisce un po’ di più (ma neanche troppo) per il libro. Le spese in entrambi i casi sono calate del 37,4% anche se nell’ultimo anno in analisi – il 2022 – i libri per fortuna sono risaliti (+ 12,9%).

Crescono, poi, le spese per i media digitali e cambiano anche le abitudini di fruizione: a meno spettatori della tv tradizionale corrisponde un forte rialzo della tv via internet (web tv e smart tv) che tocca il 52,8% dell’utenza. A guardare ancora meglio il trend, colpisce che la tv su mobile sia passata dall’1% di spettatori nel 2007 al 34% di ora, conquistando in 15 anni un terzo degli italiani.
Manca ancora all’appello la radio, il classico che non invecchia mai. Quasi l’80% delle persone l’ascolta. Il dato di novità è che il 20,4% lo fa online via pc e il 29,2 via smartphone.
L’andamento dei consumi mediatici riflette le modalità in cui italiane e italiani scelgono di informarsi: 88 su 100 usano internet e altrettanti gli smartphone. Gli utenti dei social network, invece, sono saliti all’82,4%. Tutte percentuali in aumento da un anno all’altro.
La dieta mediatica made in Italy pare avere un andamento letteralmente speculare: da un lato gli utenti del web, dei quotidiani online (ora il 33%), dei siti di informazione (il 58,1%) che lievitano, dall’altro il mondo analogico e cartaceo che cade giù in picchiata.
Basta guardare questi numeri: se nel 2007 i quotidiani cartacei erano letti dal 67% degli italiani oggi siamo al 25,4%.

Diverso anche in questo caso il discorso per i libri. Gli italiani che leggono libri cartacei sono il 42,7%, contro quelli che scelgono di e-book che rappresentano ancora una minima parte (13,4%), ma forse soltanto perché il lettore è un utente particolare che ama il tipo di esperienza – anche sensoriale – che solo un libro con pagine da sfogliare può offrire.
Fra i media tradizionali a tenere ancora è anche la televisione che, pur avendo perso una parte dell’utenza (scesa dal 60,1 al 41,2%), è sempre in cima alla lista delle preferenze.

Infine, uno sguardo ai social network per capire meglio in che direzione stanno andando i giovani.
WhatsApp è il più utilizzato nella fascia fra i 14 e i 29 anni: 93,4%. È seguito da YouTube (83,3%) e Instagram (80,9%). Crescono, poi, i tiktoker (54,5%), gli utenti di Amazon (54,3%), Spotify (51,8%) e Telegram (37,2%). In calo, ma non stupisce, invece, Facebook (51,4%) e Twitter/X (20,1%).

I dati sui giovani nel report di Save The Children

I dati sui giovani, però, andrebbero inquadrati prendendo spunto da un’analisi più ampia che ha fatto Save The Children e che si trova nel report reso disponibile nel mese di novembre, da titolo “Tempi digitali – Atlante dell’Infanzia a rischio”.
Secondo un recente studio condotto dall’Istituto Superiore di Sanità, e citato proprio nell’Atlante, il 13,5% dei ragazzi e delle ragazze di 11, 13 e 15 anni fa un uso problematico dei social media

E ancora, in Italia il 78,3% di bambini tra gli 11 e i 13 anni utilizza internet ogni giorno. Lo fa soprattutto attraverso lo smartphone che viene maneggiato sempre più precocemente: il 43% dei bambini tra 6 e 10 anni nel Sud e nelle isole lo usa tutti i giorni. Non si tratta però di una sorta di investimento per il futuro, perché il nostro Paese si colloca al quart’ultimo posto nella mappa europea sulle competenze digitali dei 16/19enni. E se il 65,9% dei giovani fra i 6-17 anni ha usato il cellulare tutti i giorni nel biennio 2021-2022, la quota di giovanissimi con scarse o nessuna competenza è del 42%, contro una media europea del 31%.

Il problema allora forse va ricercato nel come e perché si usano questi strumenti che hanno di per sé enormi potenzialità, se sfruttati per migliorare le proprie conoscenze e competenze.
Ma secondo Save the Children, la maggior dagli adolescenti guarda video (84%, dato in crescita); usa social media (79%); gioca (72,4%).
È inferiore la quota di cui usa internet per scopi più formativi, come informarsi su testate online e social media.
Lo fa il 28,5% degli 11-17enni; una percentuale che sale al 37% nella fascia 14-17 anni. Nel mare magnum dell’informazione, il loro timore principale (49% di pre-adolescenti e adolescenti) è la falsa e cattiva informazione.
C’è poi una percentuale ancora più esigua che usa i social per fare attivismo: solo il 14% degli 11-13enni e il 29% dei 14-17enni è solito esprimere opinioni su temi sociali o politici.

Antonella Vicini

Laureata in Lettere, dal 2005 è giornalista professionista. Per anni si è occupata di politica estera. Dal 2015 lavora per una rivista di settore del MIMS (ex MIT). Ha scritto due libri sulle dinamiche della diffusione della disinformazione con Walter Quattrociocchi: Misinformation (2016) e Liberi di crederci (2018). Ma la sua vera passione sono cani, gatti e tutto il resto dell'Arca.

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